martedì 21 febbraio 2012

Ogni uomo è un'isola

Ogni uomo è un'isola...

Il film About a Boy inizia così:

Secondo me... ogni uomo è un'isola, e per di più questo è il momento giusto per esserlo. Questa è l'epoca delle isole. Cento anni fa era diverso, dovevi dipendere da altre persone, nessuno aveva la TV, o i CD, o i DVD, o i video, o la macchina per farsi il caffè espresso in casa. A dire la verità... non avevano niente per divertirsi.
Oggi invece puoi crearti da solo una piccola isola paradiso. Con gli accessori giusti e, cosa ben più importante, l'atteggiamento giusto, puoi essere assolato, tropicale, una calamita per le giovani turiste svedesi. E a me piace pensare che io potrei proprio essere un'isola del genere. Mi piace pensare di essere molto fico, mi piace pensare di essere... Ibiza.

La cosa importante nella vita da isola è pianificare le proprie attività e trovo che la chiave sia dividere la giornata in unità di tempo della durata di non più di trenta minuti; le ore intere possono intimorire un po', e la maggior parte delle attività richiede circa mezz'ora. Fare un bagno, una unità. Guardare Count Down, una unità. Fare ricerche su internet, due unità. Ginnastica, tre unità. Farmi massaggiare accuratamente la cute, quattro unità. E' sorprendente come la giornata si riempia e spesso, ad essere del tutto sincero, mi chiedo: "avrei davvero il tempo per un lavoro?". Ma come fa la gente a fare tutto quanto?

La scena del film su Youtube: Nessun uomo è un'isola

Anni fa, visto il film, decretai quasi inconsapevolmente la frase "ogni uomo è un'isola" come la mia preferita, una sorta di inno alla vita. Non ho mai riflettuto a lungo sul reale motivo, forse solo perchè detta da Hugh Grant, perchè con la voce del suo doppiatore suonava bene (mentre con la mia... meglio lasciar perdere). Di sicuro non per le "giovani ragazze svedesi", più probabilmente perchè essere isola è un modo per non dipendere dai ritmi frenetici della vita moderna, per non dover essere costantemente sotto pressione con un capo che ti stressa sollecitando la fine di un lavoro, per non dover correre per prendere un treno o un aereo, per non dover fare le vacanze ad agosto ma per essere un po' in vacanza tutto l'anno.

Essere un'isola, forse, è l'abbandonarsi a fare ciò che più ci piace rispondendo solo a noi stessi. Io non sono un'isola, almeno non per trecentosessantacinque giorni all'anno... forse ogni tanto, talvolta solo per qualche ora al giorno, magari nelle domeniche in cui piove e ci si può abbandonare sul letto a guardare la tv, sedere alla scrivania per navigare in rete, sedersi su una comoda poltrona per leggere qualcosa.

Cosa significa per voi sentirvi un'isola?


Ogni uomo è un'isola... però Ibiza no, non voglio essere quel tipo di isola, perdindirindina*

* Perdindirindina: da Notthing Hill - Hugh Grant quando non riesce a superare un muro di recinzione scavalcato agevolmente da Julia Roberts

lunedì 20 febbraio 2012

IL MIO strumento di tortura

Durante le vacanze di Natale, come deterrente contro gli stravizi alimentari, ho iniziato a pesarmi quotidianamente con la mia meravigliosa Luminance ed a registrare i valori in una tabella excel. Ho avuto la poco felice idea di affiancare alla tabella un grafico il cui andamento assomiglia, tristemente, a quello dello "spread btp bund" di un mesetto fa. 

La temperatura è ancora piuttosto fredda, quest'anno ho evitato l'influenza e vorrei proseguire su questa strada, io non sono un supereroe... per questi ed altri ottimi motivi con i quali non voglio tediarvi ho deciso che una mezz'oretta di ministepper avrebbero potuto sostituire tranquillamente un'oretta di camminata all'aria aperta. 

Avete mai provato ad usare uno di questi aggeggi? Forse si. Sicuramente non avete usato IL MIO ministepper che giaceva inutilizzato da circa un annetto sul balcone, oggi alla temperatura di quattro gradi centigradi. Per la cronaca, è già faticoso utilizzare uno stepper nuovo, ma con IL MIO ministepper ogni tentativo di abbassare una delle pedane si traduce in uno sforzo immane, ciclopico. I pistoni idraulici infatti, a quella temperatura, diventano durissimi e le pedane non si abbassano neppure provando a saltare a peso morto su una di queste da un altezza di mezzo metro. Avvicino il diabolico strumento di tortura ad un termosifone e vado a prepararmi... cardiofrequenzimetro (eh si... è importante perchè vorrei lavorare nella zona aerobica e consumare grassi), tuta e scarpette da ginnastica.

Il ministepper è in temperatura e pronto all'uso (sembra di descrivere una ricetta di cucina). I primi due minuti sono durissimi... ogni passo sembra l'ultimo di una lunga maratona; poi lo strumento di tortura si addolcisce e mi incoraggia ad aumentare la frequenza portando i battiti cardiaci tra i 125 ed i 135 al minuto, esattamente il target che mi ero prefissato. "Che fatica, quanto tempo sarà passato? Cinque minutiiiii?" Il tempo, quando fai qualcosa di faticoso, sembra non passare mai. Un pensiero inizia a farsi strada nella mia mente: forse trenta minuti di attività, il primo giorno, dopo mesi di ozio assoluto, sono un obiettivo un po' azzardato. Mentre ragiono sul possibile errore di valutazione, sogno ad occhi aperti, immagino la mia muscolatura che  reagisce immediatamente allo sforzo, il mio corpo che si modella , i miei glutei che prendono forma somigliando a quelli di un bronzo di Riace (beh... il falso mito che le donne guardino subito il posteriore di un uomo mi fa desiderare questo). In realtà scopro con grande stupore che i muscoli nella zona dei glutei non fanno alcuna fatica, devono essersi addirittura addormentati, mentre nella coscia c'è qualcosa (credo possa essere il retto femorale) che inizia a lanciare segnali di affaticamento, segnali neppure tanto timidi, quasi invocazioni di aiuto. Al decimo minuto decido di interrompere l'agonia (mia e del retto femorale) e di risvegliare i glutei che oramai stavano russando. Con una certa fatica scendo dallo strumento di tortura, l'Everest in quel momento, e vado a bere qualcosa per reintegrare un po' di sali (in realtà non ho buttato fuori una goccia di sudore, quindi non capisco l'esigenza di reintegrare). Mi sento già pronto per ricominciare... domani però!!!

Lo sport fa maleFa ancora più male se siete delle mezze cartucce. Fa anche peggio se, oltre ad essere delle mezze cartucce, siete anche un po' ingenui pensando di fare "tutto" e "subito".

Buon ozio a tutti
Flavio



domenica 19 febbraio 2012

Google Friend Connect chiude... embè???

Giorni fa girovagavo senza una meta precisa tra un blog e l'altro inseguendo i link di follower di amici di conoscenti etc etc... quando, sulla home di Fabrizia, vedo capeggiare la scritta a caratteri cubitali "Google Friend Connect chiude". La cosa mi incuriosisce, anche perchè il blog di Fabrizia sembra davvero seguitissimo ed il fatto che lei abbia sacrificato uno spazio così importante della home page per questa notizia deve in qualche modo significare qualcosa. Leggo, approfondisco, ma la mia poca dimestichezza con tutto ciò che è Social (in rete, intendo) non mi aiuta. 

Che sarà mai questo Friend Connect? Ma serve? E' così grave la sua chiusura? In realtà non credo di aver mai sfruttato questo servizio, almeno in modo cosciente, ma forse ne sono stato involontario fruitore per il solo fatto di aver aggiunto qualche blog all'elenco di quelli che seguo... forse con qualche semplice ed inconsapevole click sono divenuto uno degli ignari utilizzatori di Friend Connect e, cosa più grave, mi renderò conto della sua importanza solo nel momento in cui non ci sarà più. Friend Connect, forse, è un po' come l'atomo... tu puoi anche non conoscerlo e non sapere nulla di lui e della sua esistenza, ma lui conosce te e fa parte della tua vita in ogni momento. Se da domani "Qualcuno" decidesse di eliminare l'atomo, probabilmente eliminerebbe anche me, il mio blog, i miei follower e quelli che, consapevoli o meno, hanno utilizzato Friend Connect (e l'atomo stesso...)


Che fare? Non lo so; se non capisco cosa qual'è la malattia, figuriamoci come potrei decidere una cura. La strada sembrerebbe quella di utilizzare Google+. Se inserisco il profilo G+ di una persona nelle mie cerchie e questa persona pubblica nella sua pagina G+ l'aggiornamento del blog, io ne vengo immediatamente informato. Dal punto di vista tecnico funziona, l'ho provato con alcuni blogger presenti su G+ e la mia bacheca si è arricchita delle segnalazioni dei loro nuovi post; però è un po' laborioso perchè costringe ad un passaggio in più, la pubblicazione di un breve messaggio sulla bacheca G+.
Staremo a vedere, se sono rose, fioriranno.  

Friend Connect, Google+, follower, cerchie, bacheca... che mal di testa, per oggi sarà meglio se chiudo, magari ci si rilegge domani quando spiegherò come aggiungere il proprio Badge G+ alla pagina del blog.


Badge G+... che sarà mai??? Mah!



lunedì 13 febbraio 2012

Parsons Dance

Più tempo passa e maggiori sono le conferme alla mia teoria secondo cui lo sport fa male anche se, anzichè praticarlo, lo segui solo come spettatore.

In questo caso la conferma mi è arrivata dal bellissimo spettacolo di danza moderna Parsons Dance visto al Teatro Politeama di Genova. Un'ora e mezza in cui otto giovani atleti si sono esibiti in un'alternanza di acrobazie e passaggi lenti, accompagnati da musiche dal ritmo incalzante e da brani, come Nascimiento, capaci di trasmettere allegria e spensieratezza. Ho scritto atleti non a caso, dire semplicemente "ballerini" potrebbe non descrivere con esattezza la forza e l'energia che i ragazzi hanno saputo trasmettere durante e loro evoluzioni sul palco.


Guardare uno spettacolo di questo tipo fa male perchè, per quanto tu possa essere antisportivo, almeno per una frazione di secondo, la tua mente viene attraversata dal pensiero "come mi sarebbe piaciuto essere così agile". In quella stessa frazione di secondo, misto alla sensazione di gioia e leggerezza, si insinua il pensiero su quello che saresti potuto essere se fin da piccolo non fossi stato investito dall'antisportività. Avresti potuto sviluppare costanza e determinazione nel perseguire i tuoi sogni, avere un fisico atletico, conoscere e frequentare tante persone, visitare tanti paesi e conoscere culture diverse.

Se non fossi stato così antisportivo, forse, sarei potuto essere tutto questo. Quel forse... a volte può far male.


http://www.parsonsdance.org